boris pangerc

MAJENCA

MAJI e mlaji

Majenca

A Dolina agli inizi di maggio, di solito la prima domenica, si svolge la tradizionale festività paesana  “Majenca” (pron: mćjenza). L’origine del nome, indubbiamente slovena, potrebbe essere correlata al mese in cui si svolge oppure con la fioritura dell’arbusto che nel Breg viene detto majenca e che appunto fiorisce in questo periodo. Non si sa invece quando è nata la festa stessa, su questo possiamo solo formulare delle ipotesi.

La primavera è in ogni modo in Europa un periodo di festeggiamenti, nel quale si dà adito a svariate e numerose concezioni della rinascita della natura, come caratteristico per le società agricole.

Dalla tradizione orale sappiamo che a Dolina questa festa è di casa da sempre; anche negli altri villaggi insediamenti del Breg è radicata sopravvissuta la tradizione di innalzare il primo giorno di maggio il “maj” o albero di maggio. Negli anni settanta del secolo scorso una equipe di ricercatori dell’Università di Pisa, che studiava tradizioni analoghe lungo tutto l’arco prealpino dalla Francia alla Slovenia, fece tappa anche a Dolina: la loro convinzione era che si trattasse di un’antica festività di primavera, o festa del risveglio della natura, databile ai tempi del paganesimo. Vista l’area in cui la tradizione si è conservata a tutt’oggi appare probabile una origine celtica. Il geografo greco Artemidoro designò nel 100 a. C. Trieste come insediamento dei Carni, una tribù celtica, e la popolazione dell’Istria invece come Histri, una tribù illirica. Ed infatti, in Istria ed oltre in Dalmazia questa tradizione è sconosciuta. Opinione corrente è che il rito sia comunque legato al correlato col culto della fertilità.

Testimonianze di antichi festeggiamenti della primavera nel Medioevo, specialmente feste di maggio, sono riportate già nel 13° secolo presso la nobiltà di Francia. Nel 14° secolo abbiamo testimonianze dell’uso di portare in dono alberi di maggio, sotto forma di rami coperti di foglie oppure giovani alberi. Dal bosco i giovani di buona famiglia li portavano alle proprie dame come omaggio e segno di benevolenza. Dagli originari giovani alberi si sviluppò nel tardo Medioevo il mlaj, una pianta già sviluppata reperita altrove ed appositamente traslata in una nuova posizione e decorata.

Il fenomeno degli alberi di maggio, che in origine rappresentavano il festeggiamento della primavera ed il sentimento amoroso, è nato nell’Alto Medioevo (12°-13° secolo) e si è diffuso anche in terra slovena nel tardo Medioevo (14°-15° secolo). Come segno di ancor maggiore onorificenza dagli alberi di maggio ebbero origine i mlaji (plurale di mlaj), di cui nell’area di insediamento slovena abbiamo testimonianze di epoca feudale nel 17° secolo.

Ambedue gli aspetti della tradizione – l’albero di maggio (maj) e il mlajfurono finirono incorporati nella tradizione religiosa ed, attraverso questa, prima gli alberi di maggio e più tardi i mlaji nella cultura popolare del contado. Quando nel 19° secolo i contadini ottennero il diritto ad usufruire dei boschi il mlaj divenne un simbolo di ricchezza e nell’ultimo terzo del 19° secolo il mlaj fece principalmente parte della cultura contadina; in particolari occasioni venivano eretti dalle fantovske o fantovščine, le comunità dei giovani di un paese. Il culmine in materia di varietà e di popolarità dei mlaji si raggiunse nella moderna cultura contadina del 19° secolo, nata in seguito alla proclamazione della libertà personale (1782), dell’abolizione della servitù della gleba (1848) e del progresso tecnologico in campo agricolo.

La più antica testimonianza riguardo ad un mlaj in terra slovena è una incisione in rame del 1679 del castello di Bokalce.

Numerosi mlaji furono eretti a Ljubljana il 18 e 19 novembre 1856 in occasione della visita dell’imperatore Francesco Giuseppe.

La trascrizione di testimonianze orali illustra la presenza della majenca, la festa di primavera di Dolina, almeno fino alla fine del 19° secolo (Ivan Navratil, Letopis Matice slovenske za leto 1890; 97).

 

LE FANTOVSKE (COMUNITÀ DEI GIOVANI)

La tradizione del mlaj era di competenza della fantovska, anche detta fantovščina, la comunità dei giovani di un paese – una forma sociale tipica della società rurale delle campagne.

La fantovščina manteneva in paese l’ordine, la pace e la sicurezza e al suo interno vigevano regole ferree. In sostanza si prendeva carico di quanto è oggi di competenza delle autorità di pubblica sicurezza.

Il mese di maggio era il mese dei giovani, durante il quale i nuovi membri venivano accolti nella fantovska, ma sopratutto quando i giovani dimostravano le proprie capacità con l’innalzamento di un maj al centro del proprio paese. Molto spesso ne innalzavano anche uno di minori dimensioni davanti alla casa della propria eletta. Anche la fantovska di Dolina continua orgogliosamente l’antica tradizione.

Per gli abitanti di Dolina la majenca è ancora oggi l’avvenimento principale dell’anno, oltre che una delle più importanti manifestazioni del territorio provinciale, in cui si rinnova l’antica tradizione popolare.

 

LA MAJENCA COME ANTICO RITO

La majenca è la festa della primavera. Festeggiare l’arrivo della primavera vuol dire anche festeggiare la giovinezza e la ricerca dell’amore. I ragazzi innalzano un possente maj al centro del paese per farsi ammirare dalle ragazze, e nel fare amicizia sotto al maj nascono amori che poi si trasformano in legami permanenti, di generazione in generazione. Anche al giorno d’oggi.


LA FANTOVSKA DI DOLINA

La festa della majenca veniva da sempre organizzata dalla fantovska di Dolina. Nella fantovska erano ammessi i giovani che avevano compiuto 15 anni, e ci si si rimaneva nel sodalizio restava fino al matrimonio. I nuovi ammessi dovevano per tradizione pagare come prezzo dell’ammissione il likof, sotto forma di un boccione fiasco di vino, al resto della fantovska.

All’inizio della primavera veniva indetta c’era la prima riunione, la fantovska ura, in cui veniva eletto il župan o sindaco della fantovska. La fantovska ura si teneva in segreto e vi vigeva una stretta disciplina; durante la riunione ivi venivano suddivisi i compiti: reperire un tronco di abete adatto per l’albero di maggio, trovare il ciliegio da innestare sull’albero che sormonterà l’albero, scavare un fosso in mezzo alla piazza da usare come fondamenta, invitare un’orchestra i suonatori, preparare l’attrezzatura necessaria e tutta una serie di altri compiti correlati.

Alla vigilia del Primo maggio la Kaluža, dove si trova la fontana del paese, vedeva i giovani innalzare un pioppo e, radunati attorno ad esso, cantare per la prima volta nell’arco della festa Eno drevce mi je zraslo (Mi è cresciuto un alberello), uno dei canti tradizionali di Dolina. Il pioppo era l’avviso il segnale che la domenica seguente, la prima del mese di maggio, si sarebbe svolta ci sarebbe stata la majenca.

Ai parterji, i ragazzi che avevano compiuto i vent’anni, spettava il compito di preparare la piazza per i balli e procurare un’orchestra; le ragazze invece preparavano le arance da appendere ai rami del maj.

L’innalzamento del maj, nella notte tra sabato e domenica, vedeva invece coinvolto tutto il paese, in un frenetico viavai in piazza. Alcuni dei giovani avevano preparato nell’arco del pomeriggio i krancli, corone di arbusti che stavano a significare l’eccellenza, l’onore, la socialità o la santità; altri avevano scortecciato e levigato il tronco di abete, portandolo poi in piazza ed assicurandolo al kamen (una pietra da macina dismessa che fungeva da contrappeso) che avrebbe fatto da fondamento; quando infine il ciliegio faceva il suo ingresso in piazza accompagnato da canti entrava in scena c’era chi aveva il delicato compito di innestarlo al tronco. La fase successiva vedeva il ciliegio decorato di arance, ciambelle e bandierine colorate e finalmente aveva inizio l’innalzamento, a mano, solitamente fino al mattino. Ogni paesano con fiato in corpo aiutava a spostare ed avanzare i cavalletti in tronco di pino, mentre Miro Slavec teneva in sicurezza il maj con un lungo cavo d’acciaio assicurato ad un bulldozer. Il maj doveva venir eretto ad ogni costo, anche in caso di maltempo. E quando finalmente svettava in centro della piazza lo era, toccava agli scampanatori annunciare che il maj regnava su Dolina. Ed ancora una volta risuonava il canto di  Eno drevce mi je zraslo.

In tempi ancora più remoti, cento e più anni fa, per sostenere il maj durante la manovra venivano impiegati pure i cestoni solitamente usati per trasportare il letame in campagna.

La domenica pomeriggio i parterji attendevano i suonatori per accompagnarli in piazza e dare il via al ballo, che era suddiviso in tre partide messe all’asta separatamente. Ogni partida si componeva di quattro danze (valzer, polca, mazurca (?) e lender). Le ragazze dovevano cambiarsi d’abito tra una partida e l’altra; il vestito più bello veniva sfoggiato nella prima.

Il ballo continuava ancora il lunedì, mentre il martedì sera giovani ed adulti si radunavano nella contrada Šija per poi marciare in paese intonando l’altro canto tradizionale paesano  Na Gorici, na placu(A Goriza in piazza), radunarsi incerchio attorno al maj per cantare ancora una volta  Eno drevce mi je zraslo ed infine abbattere il maj.

Il maj veniva innalzato a Dolina anche in epoca fascista, fino a tutto il 1941.

Immediatamente dopo la guerra la tradizione della majenca venne rinnovata già nel 1946.

Oggi la majenca è in certe parti differente dalla festività di una volta. La simbologia dell’evento è rimasta immutata Il cuore dell’evento è rimasto tale e quale, ma la tecnologia moderna ed una più vivace attività culturale e di intrattenimento hanno apportato il loro influsso.

L’innovazione più importante ebbe inizio nel 1965, quando a fianco dei parterji presero a marciare anche le parterce, le ragazze del paese. Dal 1968 la majenca è organizzata anche ufficialmente dalla fantovska in/e dekliška di Dolina, l’assemblea dei giovani e delle giovani del paese.

A partire dal 1983 durante la  fantovska in dekliška ura, la seconda riunione organizzativa, viene eletta anche la rappresentante della dekliška, che affianca il župan nel organizzare la festa e nel rappresentare la gioventù di Dolina.

L’innovazione tecnologica ha alleviato di molto l’impegno fisico richiesto, rendendo l’operazione meno faticosa (e probabilmente meno pericolosa) di una volta.

Per decenni il maj veniva innalzato usando un verricello a mano, poi per tre decenni con una gru per carichi pesanti. Dal 2000 invece si usa un silenzioso verricello elettrico, che permette di svolgere l’opera in un solenne silenzio alla presenza di varie centinaia di persone che seguono le più delicate operazioni del rituale. Alle prime luci dell’alba o ancora prima il maj è al suo posto; come sempre risuonano le campane e i paesani, assieme agli ospiti più tenaci, si raccolgono sotto la fronda del ciliegio per far risuonare le note di  Eno drevce mi je zraslo.

Il culmine della majenca è la domenica sera. Quando il sole accenna ad inclinarsi verso il Golfo i parterji e le parterce entrano marciando in piazza accompagnati dalla banda, con in testa il župan della fantovska e la rappresentante della dekliška, in un corteo solenne e fonte di commozione. Il fiore della gioventù di Dolina danza tre volte sotto il al maj, al che la folla che regolarmente riempie ogni spazio libero si unisce a loro continuando il ballo fino a notte fonda. Ballerini e visitatori possono assaggiare le specialità alla griglia offerte da ben forniti chioschi, oppure i vini nostrani presentati da viticoltori paesani e di tutto il Breg alla valutazione della Mostra comunale; a disposizione pure l’olio di oliva extravergine degli olivicoltori del Breg, ai quali è pure riservata una mostra comunale, con premi e riconoscimenti per i migliori vini ed oli.

 Il lunedì è anch’esso giorno di festa, perché la majenca continua, prima con i più giovani che dimostrano le proprie capacità esibendosi in balli moderni come ballerini, poi di nuovo ballando balli fino a tarda notte.

Il martedì è contemporaneamente giorno lieto e mesto: la fine della festa si avvicina. Mentre in piazza risuonano le note dell’Orchestra a fiati Breg i paesani si radunano in Šija, da dove marciano attraverso il borgo cantando  Na Gorici, na placu preceduti dai parterji e dalle parterce. Per l’ultima volta si radunano attorno al maj e per l’ultima volta risuona la melodia di  Eno drevce mi je zraslo. Le parterce prendono posto sul palco, i parterji mettono mano alla fune principale portante ed al segnale del župan con uno strappo vigoroso il maj viene fatto crollare a terra. I bambini si fiondano sul ciliegio facendo man bassa di arance, ciambelle e bandierine. La banda fa risuonare l’ultima marcia ed il buio della sera cala sulla piazza che ancora echeggia delle ultime grida di allegria “da majenca”.

 

E lo sguardo dei giovani è già rivolto E gli occhi dei giovani sono già rivolti verso la prossima majenca.

 

LA MAJENCA È DOLINA E DOLINA È LA MAJENCA

 

Quando negli ultimi giorni di Aprile fiorisce la zajčevina e la fastidiosa pioggerella primaverile si riversa sui pastini arati e le curate pergole da Suhorje a Dovšca, quando rinverdiscono le pezze coltivate sotto la Ždeka e in Lukovec, allora spira a Dolina un aria peculiare.

Il paese freme di majenca.

Questa è a Dolina una parola magica, il cui risuonare nel cuore ha accompagnato la crescita di innumerevoli generazioni di Dolinčani, dal giorno d’oggi fino alla notte dei tempi.

La majenca è più di una festa e la festa è più di un usanza. La majenca è Dolina e Dolina è la majenca. I Dolinčani si tramandano questa dolce maledizione di generazione in generazione. La majenca gli è segnata nel sangue, e nessuno può scacciarla da sé, perché è da sempre intrecciata nella natura dei paesani e del paese.”

(Boris Pangerc: L’albero del maj, Campanotto Editore, Udine 1993)

 

FONTI:

Gorazd Makarovič: RAZVOJ MAJEV IN MLAJEV NA SLOVENSKEM, Etnograf 18, 2008

Niko Kuret: PRAZNIČNO LETO SLOVENCEV – PRVA KNJIGA; seconda ed., Družina, Ljubljana 1989

MAJENCA V DOLINI nekoč in danes, (1970), brochure (anonimo autore ignoto autori omessi)

Dante Cannarella: Il Carso, Trieste 1998